lunedì 1 marzo 2010

Le riserve sull'artista, ovvero Nemo profeta in patria

L'idea, già citata nel post di Giulia Baroni sul blog L'esercito di Gaia, che tutto riesca più facilmente fuori dai confini italiani mi ha portata a riflettere.
Vivo in una piccola cittadina del nordest uguale a molte altre, anonima quanto basta per non trovare una valida ragione per venirci, tranne forse il modo per incontrare amici fatti altrove ma residenti qui.
Ma aldilà della cittadina in sè, le sue strade prive di marciapiedi che permetterebbero passeggiate autonome e piacevoli anche ai bambini, la limitatezza (nel numero) di eventi culturali di ampio respiro, e la costruzione forsennata di centri commerciali che uccidono il mercato dei negozi a conduzione familiare, una natura ancora ospitale e godibile, priva delle sovrastrutture che la renderebbero luogo chiuso piuttosto che spazio aperto, ha fatto da sfondo all'animo di molti artisti nel passato, e sollecita predisposizioni creative anche attuali.
Vallate antiche, memori di epoche prevalentemente contadine, boschi rigogliosi e vivi, ricchi di vegetazione e del passaggio di piccoli e grandi animali, e il reticolo dei campi che cambiano colore ad ogni stagione, hanno fornito la materia prima a piene mani, e molti se ne sono serviti.
Io sono una di quelli, e sebbene trovi giusta e doverosa la valutazione delle reali abilità di un artista, trovo altresì sconsiderata l'indifferenza nei confronti delle porduzioni artistiche locali, specialmente da parte di chi, per il ruolo istituzionale che ricopre, potrebbe fare la differenza nel gioco della fama.
Sostenere, promuovere e produrre chi si conosce 'dal vivo' in un contesto piccolo e territoriale, oltre che sollevare la sorte di benemeriti sconosciuti, impacciati e del tutto impreparati all'autopromozione, ne motiverebbe le speranze, ne sosterrebbe gli ideali.
E se 'Nemo profeta in patria' è un luogo comune che fa parte del bagaglio di riserve espresse dall'artista esordiente, non si dovrebbe mai dimenticare che il temperamento artistico, la predisposizione creativa, l'attitudine alla produzione autonoma, sono valori aggiunti di ogni civiltà, e il non riconoscerlo aspetti di un atteggiamento trascurante, a volte perfino ottuso.

4 commenti:

  1. Posso solo dire che sono d'accordo. Ma forse in questo contesto socio-ecnomico gli addetti ai lavori (non tutti, per carità) sono troppo presi dall'inseguire il guadagno già servito e preparato da altri, piuttosto che dallo scoprire qualcosa di nuovo, coltivarlo e farlo sbocciare. Il nostro "non è un paese per giardinieri".

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  2. spiace constatare che la cultura non è insita nel genoma di queste terre. Diciamocelo, a quei pochi e sempre quelli interessa la scrittura, la lettura, il cinema. Però, è vero, se le amministrazioni promuovessero eventi anche nei piccoli borghi (ma io dico sopratutto in modo continuativo)certo la gente si abituerebbe a uscire e conoscere. Quanto a promuovere gli artisti locali, beh, ci vorrebbe un istrione che ha dedicato la sua vita a questo scopo. Dubito esista da queste parti, dove chi ha la grazia del sapere se la tiene per se.

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  3. piuttosto amara la conclusione del tuo post, renzo, ed è un'amarezza che non voglio condividere.
    credo fermamente che non ci sia bisogno di inventare nulla di nuovo, ma che le produzioni artistiche, e non già solamente quelle letterarie siano lo specchio dei tempi.
    è un peccato aver sempre bisogno di 'importare' esempi foresti, adattandoli a questa nostra veste locale, (spesso meno che provinciale, altre volte molto saggia e fine), dove non riescono ad essere rappresentativi, come un bel vestito di moda che non ti casca bene perchè il tuo fisico non è quello giusto...
    non di un istrione avrebbero bisogno le centinaia di giovani che sentono una 'vocazione' per l'arte, ma di occasioni, anche locali, di metterla in mostra, di vederla pubblica e accolta, bene o male poco importa.
    penso alla ragazza del mio paese a cui sono ricorsa per l'illustrazione di due dei tre testi in collana e che sta lavorando su altri due...ha poco più di vent'anni, e in paese, se non lo racconto io, o i suoi, nessuno sa nulla o fa credere di non saperne nulla. non dovrebbe funzionare così, non credi?

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  4. Strano paese il nostro, arroccato su tutto ciò che già esiste, che è conosciuto e, in qualche modo, sicuro. Chiuso a riccio, poco propenso al confronto... Anche la blogosfera si frantuma in piccoli spazi alzando muri. Paese che chiede, pretende appartenenze e non ama i "cani sciolti".
    Peccato!

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