giovedì 25 febbraio 2010

interviste e strafalcioni, ovvero gli effetti di un animo romantico

"Richiesta con cortese e sollecita attenzione, soltanto ieri rilasciavo meravigliata la mia prima intervista di 'tono'a una radio nazionale, da utilizzare all'interno di un programma di tutto rispetto.
Il contenuto mi era piuttosto chiaro, dato che scrivo prevalentemente fiabe e racconti, e sono direttore di collana, perciò su quegli argomenti doveva vertere. Durata: non più di 10 o 12 minuti.
Non era la mia prima volta, e dalla mia avevo la spigliatezza: le parole di solito non mi mancano e seguono il ritmo del discorso, adeguandosi docilmente.
Il tema mi era 'domestico', e per timore di dimenticare qualcosa avevo preparato un canovaccio con gli spunti principali.
Al primo squillo la mia voce argentina tradì l'incertezza: non so se l'interviatatrice la percepì con la mia stessa intensità, ma certo è che tutte le mie buone e ragionevoli intenzioni subirono un subitaneo rimaneggiamento, da parte mia naturalmente, risultato dell'inconsapevole e involontaria intromissione dell'ansia da prestazione.
Ciò che sapevo di voler dire continuava a trovare un'ardua via d'uscita attraverso la mia gola, quasi che i pensieri che avevo già addomesticato e prescelto si stessero trasformando dolorasamente in metri e metri di filo spinato.
Mantenendo il tono della voce al livello stabilito cercavo di sembrare spontanea mentre snocciolavo concetti che non convincevano me per prima e che- orrore!- non potevano essere più distanti da quelli impressi nella mia mente razionale.
Dissi dei testi degli altri compagni di ventura, del perchè della scelta, ma poco o nulla delle ragioni che mi avevano spinta fin qui."
Il paragrafo precedente è la ricostruzione del mio vissuto sull'onda travolgente dell'emotività, quando non c'è ragione che tenga a giustificare una mancanza, che vale quanto un'occasione persa.
In realtà, come dico sempre, tutto ha due facce, e questa è solo la mia versione, soggettiva e provata, per quanto, obiettivamente, non molto distante dal vero.
Vi domanderete quando ne conoscerò e ne conosceremo l'effettiva portata, se tanta goffaggine avrà stascichi, e soprattutto, quando sarà disponibile la registrazione.
Difficile dirlo, mi sono scordata di chiederlo...

domenica 21 febbraio 2010

Scrivere letteratura per l'infanzia

I bambini e le bambine d'oggi, a cui è dedicata questa collana, sono un pubblico più preparato ed esigente di quel che si crede.
Usi a trovare soprattutto sullo schermo storie e racconti stimolanti, pretendono dalla parola scritta la capacità di suscitare emozioni più grandi e durature, un appeal artigliante, se mi passate il termine, che ne catturi le potenzialità immaginarie e che le sappia perpetuare in un viaggio che può ripetersi, mai uguale, ogni volta che sprofondano fra le pagine di un libro. Non è poco.
Rispondere a questo profilo rende il 'compito' di chi le storie le scrive, e prima le immagina, alquanto arduo.
Molti scrittori alla prima esperienza credono che la letteratura per l'infanzia sia un buon punto di partenza. Dal mio punto di vista niente è più falso.
Mentre gli adulti sanno in qualche modo 'sanare' eventuali sofferenze dei testi che leggono con la propria matura consapevolezza di lettori navigati, sorvolando sulle mancanze e perfino sugli errori pur di salvare un insieme puntando più sulle sue qualità che sui suoi difetti, il pubblico a cui la letteratura per l'infanzia è dedicata è molto intransigente.
Provate a instaurare una discussione con i vostri figli, i vostri nipoti, i figli degli amici. Vi renderete conto che vi pongono domande che, se ad un primo acchito vi parranno irragionevoli, poggiano invece su un sistema inquisitorio estremamente razionale, volto a giustificare ogni vostro assunto.
Non solo. La linearità del registro scelto non deve mai essere banale nè scontata, tranne quando si tratta di libretti illustrati con poche e stringate didascalie, mentre il ritmo deve essere accattivante.
Mai voli pindarici dunque, ma azioni correlate e legate, se non da una trama già visibile, da un filo di concatenazioni conseguenti e necessarie.
Insomma, se avete pensato di dedicare la vostra arte ai più giovani, fate molta attenzione e valutate bene se la storia che state scrivendo piace, prima di tutto, al bambino che è dentro di voi...

martedì 16 febbraio 2010

Scrivere, correggere, riscrivere

Quando ci mettiamo a scrivere, spesso travolti da una brama incontenibile, l'idea che trabocca e diventa pensiero, e poi parola scritta, non abbiamo ben chiara la destinazione che daremo a quella produzione, arrivata a capriccio e senza briglia.
Per fortuna.
Molto di quello che creiamo e che, forse, per una gran botta di fortuna capita poi nelle mani giuste, deve attraversare un iter che definire spaventoso è un complimento.
Innanzitutto, perchè quello che è nato senza briglie, deve essere domato.
Domato dal rigore, ripulito dai fronzoli, dalla distrazione che infila qualche scemenza quà e là, a volte il prodotto rinasce, a volte invece finisce col sembrare figlio d'altri.
Ecco, credo di aver scoperto finalmente la differenza fra un buon editing e una riscrittura che, si badi bene, in certi casi è fisiologicamente necessaria.

venerdì 5 febbraio 2010

Consideazioni sparse su ingenuità e promesse, presenzialismo e visibilità

A quali promesse bisogna credere?
Quanta ingenuità è permessa perché non si venga tacciati di faciloneria?
Quanto è giusto e corretto esporsi, proporsi, imporsi, perché questo ‘mercanteggiare’ le proprie capacità non sia sintomo di presenzialismo, dunque egocentrismo esasperato?
Insomma, in altre parole: dove è importante essere visibili, ma soprattutto, è più importante spingere la propria visibilità perché possa venire apprezzata e condivisa o è meglio che siano le azioni, le opere, i fatti a parlare per noi e a farci ‘pubblicità?
Per anni ho pensato che la migliore pubblicità fosse quella non richiesta, una sincera esternazione sulle capacità di qualcuno che si faceva strada quasi autonomamente, sulla scia di buoni, a volte ottimi, risultati.
Oggi questa, che ancora stimo come la migliore e la più duratura perché spontanea e non asservita, non paga più, e comprenderlo è terribilmente triste, oltre che ingiusto.
Le promesse fatte sembrano venire disattese, o ignorate una dietro l’altra, mentre i testi, - come mi hanno fatto notare qualche giorno fa -, non sono più freschi di stampa, dunque non godono più dell’interesse effimero che suscitano le new entries…
Buon weekend.